Autunno in Barbagia 2023

Grandi spazi soleggiati protetti dalle montagne più alte dell’Isola rappresentarono un sicuro rifugio per i popoli antichi che si stabilirono nei territori di Desulo fin dal Neolitico.

I numerosi ritrovamenti di ossidiana, con cui si realizzavano i preziosi manufatti d’uso quotidiano, e i resti ceramici, (tra cui la bella brocca decorata di Monte Corte) scoperti in località S’Iscra, sono testimoni delle civiltà che abitarono nelle grotte e che costruirono le spettacolari sepolture chiamate domus de janas. Alcuni di questi siti sono ancora visibili a sud-ovest del paese come le due domus di Occili al confine con Belvì.

Nell’età del Bronzo un importante insediamento nuragico venne fondato nei dintorni della rupe Su Toni de Girgini: qui si conservano i resti della necropoli di Sa Tanchitta, formata da diverse sepolture tra cui la tomba dei giganti di Sa Sedda de Sena, e degli stanziamenti in località Genna de Ragas e Sa Tanca Manna in cui è ancora visibile la base del nuraghe Girgini. Non lontano dal paese si incontrano i nuraghi di Calavrige e quello di Ura de sole (Bruncu Nurage) che, alla quota di 1.331 metri, risulta il più alto di tutta la Sardegna.

Al  XII secolo risalgono i primi documenti in cui compare il nome dell’attuale centro abitato: nel condaghe di Santa Maria di Bonarcado viene citato il centro di “Esule”.

Nel Medioevo faceva parte del Giudicato d’Arborea e era compreso nella Curatoria del Mandrolisai. Tra i suoi abitanti, che godevano di una buona autonomia, venivano scelti i guerrieri per l’esercito giudicale. Nel corso della guerra tra i re sardi e quelli iberici, il marito della giudicessa Eleonora D’arborea, Brancaleone Doria, venne arrestato durante una missione diplomatica a Barcellona. Per liberare il consorte nel 1388 la regina dovette firmare un trattato di pace con il re Giovanni I d'Aragona. Tra i firmatari del documento vi è anche Nicolao Melemajore (una sorta di sindaco) della “ville de Desilo” .

Divenuta quindi feudo della Corona d’Aragona, la villa entrò a far parte dei possedimenti di Giovanni Deana e fu mantenuta dai suoi successori fino al 1477. In quell’anno il feudo venne sequestrato all’ultimo marchese d’Arborea Leonardo Alagon, colpevole di aver intrapreso una nuova guerra ribellandosi al viceré Carroz. In seguito la curatoria del Mandolisai non venne nuovamente infeudata ma incorporata nel patrimonio reale e nel 1507 i desulesi ottennero il privilegio di essere amministrati da un rappresentante eletto tra i suoi abitanti. Con il passaggio del Regno di Sardegna agli Asburgo nel 1716, la riscossione delle rendite e la giurisdizione del Mandrolisai fu affidata a Giovanni Valentino. Così, dopo secoli di libertà, il paese dovette scontrarsi con l’imposizione del regime feudale, confermato anche dopo l’arrivo dei Savoia nel 1720, a cui reagì con diversi tentativi di ribellione che però furono duramente repressi. Il riscatto del feudo avvenne nel 1839.

A partire dal XVII secolo le vicende della comunità furono fortemente segnate dalla piaga dell’emigrazione: la produzione alimentare era strettamente legata all’economia pastorale che non garantiva risorse sufficienti alla veloce crescita del paese.

L’enorme fascino delle bellezze naturali, le eccellenti produzioni e la ricchezza delle tradizioni locali ha favorito nel Novecento la crescita di una fiorente industria turistica.

Tra le più alte cime dell’Isola si scoprono paesaggi incantati dove armoniose e lussureggianti valli si incontrano con aspri e solitari rilievi, regno dei pastori e delle loro leggende.

Come quella che narra dalla bellissima giovane Maria de Idussà che non volle sposare nessuno e scomparve tra le montagne dove ancora i pastori la sentono cantare con voce dolcissima mentre tesse sul suo telaio d’oro.

Boschi di castagni e noccioli circondano Desulo creando scenografiche distese di colori che si trasformano ad ogni stagione: dai toni chiari e delicati della fioritura al giallo, arancio e rosso delle foglie secche.

Percorrendo i tanti sentieri intorno al paese si possono ammirare le diverse specie vegetali che arricchiscono il panorama: alberi secolari di lecci, tassi, querce, roverelle, aceri, noci e ciliegi lasciano spazio ai ginepri nani sui versanti più elevati dove, tra rocce soleggiate, vegetano timo, elicriso, santolina e astragalo del Gennargentu. Uno straordinario spettacolo è dato dalla fioritura di specie endemichecome la delicata rosa di montagna (peonia mascula), la genziana maggiore, la digitale purpurea e le numerose orchidee.

In questi stupendi ambienti naturali vivono mufloni, gatti selvatici, cinghiali, volpi, lepri, martore, e magnifici uccelli (aquila reale, poiana, falco pellegrino, spioncello, codirossone, culbianco, ecc.).

A pochi chilometri dall’abitato si trova il passo di Tascusì, valico automobilistico tra i più alti della Sardegna (1245 m) accanto al quale vi è la chiesetta della Madonna della neve e un rifugio. Più a nord la strada conduce ad una delle tante aree di interesse naturalistico la valle del rio Aratu. Da qui si può intraprendere la salita verso le vette del Gennargentu: passando dal rifugio S’Arena si arriva fino alle cime del monte Bruncu Spina (1829 metri).

Costeggiando le vette ci si imbatte nei ruderi del rifugio Lamarmora costruito agli inizi del Novecento sotto Punta Paulinu (1792 m). Il rifugio è intitolato al generale Alberto Ferrero Della Marmora che scrisse i famosi resoconti dei suoi viaggi nell’Isola durante l’Ottocento. In suo onore Punta Crapias (1834 m)la cima più alta della Sardegna, venne rinominata Punta Lamarmora nel 1901. Da queste emozionanti altezze lo sguardo si estende su tutta l’Isola fino al mare.

Lungo i sentieri di montagna non è raro trovare le solitarie pinnettas, simbolo della cultura pastorale. Queste tipiche costruzioni, utilizzate come ricoveri dagli allevatori, sono formate da una struttura in pietra su cui poggia la copertura a punta realizzata con fasci di legna e corteccia di sughero.

Affascinanti escursioni si possono intraprendere nell’area di su Toni (o Toneri) de Girgini (1218 m). Si tratta di una rupe calcarea, sul versante sudoccidentale del Gennargentu, ricoperta da un fitto bosco di lecci. Nei dintorni sono presenti diverse aree archeologiche risalenti alla preistoria su cui domina lo spettacolare tacco calcareo di Genna de Ragas.

Paese natale dell’illustre poeta Montanaru (Antioco Casula, 1878-1957) che così lo descrive in un suo componimento del 1904: “Fiera e ruzza, in mesu a sos castanzos / Seculares, ses posta, o bidda mia, / Attacada a sos usos d’una ia, / Generosa, ospitale a sos istranzos” (‘Fiero e rude, in mezzo ai castagni secolari, stai o mio paese, affezionato alle usanze di una volta, generoso, ospitale con gli estranei’). Desulo custodisce molte delle sue tradizioni che lo rendono unico e molto amato da chi lo vive e da chi è accolto nella sua comunità.

Ancora oggi è possibile ammirare i bellissimi abiti tradizionali in orbace rosso, finemente ricamati, indossati nelle occasioni e nelle feste principali. La grande importanza della cultura pastorale è testimoniata dai numerosi rifugi tra le montagne, le caratteristiche pinnettas: capanne circolari in pietra ricoperte da fasci di legna e cortecce di sughero che ricordano le antiche architetture nuragiche.

Resti delle costruzioni dell’età del Bronzo sono presenti in diverse località. A Genna de Ragas e Sa Tanca Manna si conserva traccia dei villaggi e del nuraghe Girgini, mentre a Sa Tanchitta sono ben visibili diverse sepolture tra cui la tomba dei giganti di Sa Sedda de Sena con una camera funeraria di circa 10 m probabilmente riadattata su una struttura più antica. Altri nuraghi si trovano a pochi chilometri dal paese: quello di Calavrige e quello di Ura de sole, il più alto in quota di tutta la Sardegna, collocato sul monte Bruncu Nurage a 1.331 metri. L’originaria maestosità del monumento si intuisce dalla presenza delle tracce di ben tre torri.

Ulteriori testimonianze delle civiltà che si stabilirono in queste terre durante la preistoria si trovano in località S’Iscra (grotte, resti di mura e sepolture) e a Occili, al confine con Belvì, dove si possono visitare due domus de janas.

Il paese è formato da tre nuclei storici Asuai, Ovolaccio e Issiria, un tempo separati ed oggi uniti dalla strada che li attraversa su cui si affacciano gli edifici più recenti. Percorrendo gli stretti viottoli delle zone più antiche dei tre centri si possono ammirare le splendide case in scisto con gli ingressi e le finestre contornati d’azzurro da cui spuntano i balconi in ferro battuto che hanno sostituito quasi completamente i vecchi ballatoi e balaustre in legno.

Partendo da sud si incontra per primo il quartiere di Asuai con la chiesa di San Sebastiano. Venne costruita nel XVI secolo in forme tardo-gotiche di cui rimane traccia nella cornice ad archetti in cima alla facciata. Non distante si trova la Casa-Museo Carta che propone un percorso alla scoperta delle attività produttive e dei costumi del paese.

Al centro dell’abitato si snodano le stradine del rione di Ovolaccio dove nel 1858 venne eretta la graziosa chiesa della Madonna del Carmelo che custodisce una statua di San Basilio del XVI secolo. Nella via accanto vi è la casa del poeta Antioco Casula in cui è stato allestito il Museo Etnografico Casa Montanaru che comprende la biblioteca-studio e l’archivio con le lettere dello scrittore. L’esposizione si articola in diverse sale dedicate al lavoro dei pastori, contadini, artigiani, alla tessitura, alla panificazione e all’abbigliamento tradizionale desulese.

Infine il centro di Issiria conserva la bella chiesa di Sant’Antonio Abateantica parrocchiale del XVI secolo che vanta preziosi arredi e sculture lignee del XVI e XVII secolo oggi nella nuova chiesa edificata nel 1980 in stile moderno.