Autunno in Barbagia 2023

Il villaggio nel quale sorge oggi il paese di Oniferi nacque in età medioevale, epoca di cui rimane oggi traccia attraverso la chiesa romanica di San Gavino. Oniferi fu inoltre una delle ville appartenenti alla Curatoria di Dore nel Giudicato di Logudoro che comprendeva anche Orani, Sarule, Ottana, Orotelli, Nuoro e Orgosolo.
Nel XIII secolo, a causa della caduta del Giudicato, queste ville passarono sotto il governo di Pisani, Genovesi, del Papato e del Giudicato d’Arborea, fino a divenire poi dominio della Casa d’Aragona, che unì la Curatoria di Dore con quella di Anela, costituendo la Contea del Goceano. Concessa in feudo ai Giudici d’Arborea, imparentati con gli Aragonesi ma a loro ostili, la Contea fu teatro per ben trent’anni di conflitti aspri e sanguinosi. Il 12 gennaio 1388 la firma del trattato di pace tra la giudicessa Eleonora d’Arborea e il re Giovanni I d’Aragona, alla presenza di tutte le ville e dei loro rappresentanti, garantì il rispetto di tutti gli accordi. Con la fine del Giudicato d’Arborea, il territorio passò sotto il Marchesato di Oristano governato da Leonardo d’Alagon che, nel tentativo di distaccarsi dagli Aragonesi, venne sconfitto nella celebre battaglia di Macomer (1478). Nel 1499 la Curatoria di Dore fu infine distaccata dalla Contea del Goceano e data in feudo ai Carroz d’Arborea, divenendo parte del Marchesato di Orani.

Oniferi è un piccolo centro della Barbagia di Ollolai che confina a nord con Benetutti, a ovest con Orotelli e a est e sud con Orani. Il paese è suddiviso in vari rioni come Su Nodu, Monte Ormina, Santu Juvanne, Su Cantaru, Su Pizu de S’Ortu, Untana e Sant’Antoni, mentre a circa un chilometro dal centro abitato si trova la frazione di Sos Eremos.

Il paese è situato ad una altitudine di 478 metri, ai piedi della boscosa collina di “Sa Costa”. Il suo territorio si presenta mediamente collinoso e per la maggior parte adibito a pascolo. Oniferi possiede inoltre un notevole patrimonio boschivo, costituito principalmente da sugherete, querce, lecci e olivastri, specie nelle zone di Sa Serra, Su Berre, Ogorthi e Sos Settiles, situate sulla parte centrosettentrionale. Nella zona a sud, invece, si trovano ampie zone con macchia mediterranea, come nei siti de Sa Chessa e Sa Mata.

Il suolo è di natura principalmente trachitica e basaltica nelle zone de Sos Settiles, Berrinas e Sos Ruvos, mentre la restante parte è di natura granitica, come quelle di Su Berre e Sa Serra.

Il principale corso d’acqua è Su Rivu Mannu, un affluente del Tirso al quale confluiscono altri corsi d’acqua minori, come il Rio Calluzzi e il Rio Predosu. Il territorio è infine ricchissimo di siti archeologici: sono presenti una quarantina di nuraghi, numerose domus de janas, tombe di giganti, dolmen e menhir, a testimonianza della lunga frequentazione della zona sin dal periodo Neolitico.

L’età nuragica trova ampie testimonianze nell’agro di Oniferi, ascrivibili al lungo arco cronologico che va dall’età del Bronzo medio (1700 a.C.) all’età del Ferro (900a.C.). Il territorio annovera numerosi nuraghi tra i quali si ricordano quelli di Ola, Murtas, Badu Pedrosu e Brodu. I siti nuragici, opera di un popolo ingegnoso e laborioso, sono quasi tutti visibili e disposti a controllo e difesa delle risorse locali. Tra i siti più rinomati vi è senza dubbio la necropoli a domus de janas di Sas Concas; si tratta del più esteso complesso ipogeico della Barbagia, composto da una ventina di tombe. Nelle pareti di una tomba, chiamata tomba dell’emiciclo, migliaia di anni fa fu inciso un messaggio composto da graffiti e petroglifi antropomorfi che raffigurano la concezione della vita e della morte. In zona Sa Serra sono invece presenti i resti di tombe di giganti costituite da pietre fitte e da betili, oggi nascosti tra la fitta vegetazione.

Tra le tradizioni più sentite va annoverato il canto a tenore, tramandato di generazione in generazione e di cui sono presenti oggi numerosi gruppi, alcuni dei quali di fama internazionale. Ascoltare il canto a tenore significa partecipare ad un rito, vivere intimamente l'emozione della festa e, attraverso il canto, scoprire la gioia del canto popolare, la solennità del canto religioso o la dolce malinconia di un giovane innamorato.