Autunno in Barbagia 2023

Avamposto dell’antica Barbaria, Tiana è stata terra di confine e di scambio tra culture differenti che qui hanno condiviso conoscenze e tradizioni tramandate nei secoli.

Delle civiltà che passarono sui suoi territori resta traccia nei monumenti archeologici disseminati in tutto il circondario: al Neolitico risale l’importante necropoli di Mancosu costituita da ben 7 domus de Janas, mentre all’età del Bronzo risalgono i resti di antichi villaggi nuragici in località Sa Pira Era, Sa Tanca de su Pranu e S’ischisorgiu.

Dalle fonti antiche sappiamo che durante la conquista romana la Sardegna era divisa in due grandi zone: la Romània che corrispondeva ai territori romanizzati e la Barbària dove vivevano le comunità che, pur avendo contatti con i coloni, conservavano le loro usanze. Tra i Barbaricini infatti ancora nel VII secolo d.C. continuavano ad essere praticati i riti della religione pagana mentre nel resto dell’Isola si era diffuso il cristianesimo. Nei territori di Tiana vivevano i Barbaricini a stretto contatto con i Romani. Questi infatti, a nord-ovest degli attuali confini comunali, avevano costruito l’importante strada che passava per i due vicini centri di Forum Augusti (oggi Austis) e di Sorabile (mansio in agro di Fonni). Testimonianze della presenza romana si ritrovano anche nelle località di Santu Leo e di Tudulu, in quest’ultima si possono vedere i resti di una fornace dell’epoca per la cottura di tegole e mattoni.

Il nome del centro abitato compare per la prima volta nei condaghi di San Nicola di Trullas e di San Pietro di Silki, registri delle chiese dell’XI e XII secolo, come cognome che indica la provenienza di un tal Petru de Tian. Nel Medioevo la villa di Tiana faceva parte del Giudicato d’Arborea ed era inclusa della Diocesi di Santa Giusta a cui appartenevano le parrocchie della curatoria di Austis. Alla fine del XIII secolo il papa Bonifacio VIII infeudò il Regno di Sardegna e Corsica alla Corona d'Aragona provocando nel Trecento lo scoppio della grande guerra tra il giudice Mariano IV d’Arborea e il re d’Aragona Pietro il Cerimonioso proseguita dai loro discendenti. Anche i tianesi dovettero partecipare alle battaglie di quegli anni, infatti tra i firmatari della pace del 1388, tra Eleonora d’Arborea e Giovanni I d’Aragona, compare il “procurator universitatis Barbargie de Ollolà et curatorie de Agustis” a cui apparteneva il villaggio.

Un probabile testimone di quelle battaglie fu il cavaliere medievale, forse militare dell’esercito aragonese, di cui nel 1912 fu scoperta la tomba a Santu Leo. Nel sito furono recuperati un cinturone e una spada donati poi al museo archeologico di Cagliari dal tianese Francesco Putzu.

La guerra per l’indipendenza dell’Isola continuò con i successori della Casata d’Arborea: l’ultimo che riaccese il conflitto fu il marchese d’Oristano Leonardo Alagon, sconfitto definitivamente dalla potenza catalano-aragonese nella battaglia di Macomer del 1478. L’antica curatoria, che gli spagnoli chiamavano Incontrada d’Ustis, venne data in arrendamiento a diversi signorie iberiche che avevano finanziato la campagna di conquista. Dal 1504 il villaggio venne infeudato a Matteo Arbosich e nel corso dei secoli appartenne alle famiglie dei De Sena e Cervellon. Dopo il passaggio dell’Isola ai Savoia che mantennero il regime feudale, nel 1718 Tiana fu affidata ai Manca Guiso e infine degli Amat, da cui si riscatterà nel 1838 con il pagamento dell’indennizzo di 625.000 lire come previsto dalla legge per l’abolizione del feudo.

Il paese divenne famoso per la lavorazione dell’orbace, tipico tessuto in lana con cui sono ancora oggi confezionati diversi elementi dell’abbigliamento tradizionale. La particolare resistenza era ottenuta con il trattamento che si svolgeva nelle gualchiere azionate dalla corrente dei fiumi di cui circa una decina erano ancora in funzione ai primi del ’900.

Adagiato ai piedi del Monte Orovole (1089 m), sulle ultime propaggini occidentali del Gennargentu, il paese di Tiana sorge lungo la valle formata dal torrente Tino accanto al punto in cui si incontra con il rio Torrei. I letti in cui scorrono due corsi d’acqua formano una singolare T rovesciata in cui il rio Torrei, provenendo da est, si unisce al rio Tino, che procede da ovest e prosegue verso nord per confluire nel Taloro.

I fiumi oltre a caratterizzare il paesaggio hanno rappresentato una importante risorsa economica per il centro che, fino alla prima metà del Novecento, era famoso per il gran numero di mulini e gualchiere di cui si servivano anche i paesi del circondario. Percorrendo la strada a sud del paese per circa un chilometro si raggiunge il sentiero che conduce in località Gusagu dove si può visitare il magnifico Museo di archeologia industriale “Le vie dell'acqua” formato dagli ultimi mulini e dalla Gualchiera Bellu ancora funzionanti, azionati sfruttando la forza della corrente del rio Torrei.

Ruscelli e torrenti oltre a favorire la realizzazione di orti e frutteti, costruiti sui fianchi delle colline nei tipici terrazzamenti con muri a secco, hanno reso particolarmente fertile tutta l’area che si presenta ricoperta da una lussureggiante vegetazione. Il centro abitato è circondato da fitti boschi di lecci, sughere, roverelle, castagni e noccioli in cui proliferano gli arbusti della macchia mediterranea: ginestra, cisto, ginepro, lentischio, corbezzolo, erica, fillirea, biancospino e agrifoglio. Questo è l’habitat di cinghiali, donnole, martore, lepri, volpi, conigli e numerose specie di uccelli.

Incantevoli sentieri attraversano le distese arboree che proseguono sulle alture dove sgorgano fresche e abbondanti sorgenti. Tutt’intorno si stagliano le dorsali montuose che proteggono il paese dai venti e da cui si possono ammirare splendidi panorami.

Sul confine con Ovodda si trovano le vette più alte di Punta Cogotti (1051 m) a nord-est, e, a sud-est, quelle di Serra Lattaloa (1069 m) e Bruncu Muncinale (1266 m). Vicino all’abitato (a sud-est) si distingue la cresta rocciosa di Su Cheddarzu (873 m) raggiungibile dal paese passando per una pineta che nei punti più alti lascia il posto ai lecci. La fatica per la scalata è ripagata dalla suggestiva visuale che si gode dalla cima su cui, aggrappato al granito, si innalza un maestoso leccio.

Poco distante si incontrano i prati dell’ampio pianoro a monte dell’abitato (verso est). Tra le formazioni naturali delle contigue località di Sa Pira era, S’Iscusorgiu e Tudulu si possono rintracciare i numerosi resti archeologici che vanno dalla preistoria al Medioevo.

Tiana è un piccolo borgo di montagna dove sopravvivono antiche tradizioni, produzioni tipiche e il senso di comunità che contribuiscono alla vita sana e serena dei suoi centenari.

Il paese infatti è noto per aver dato i natali a molti anziani longevi tra cui Antonio Todde che con i suoi 112 anni nel 2001 è entrato nel guinnes dei primati come l’uomo più vecchio del mondo. Forte di una importante memoria storica costituita dai suoi “grandi” abitanti il centro ha mantenuto alcune usanze quasi del tutto estinte come quella dei festeggiamenti del carnevale, qui chiamato  Coli Colinel primo giorno di quaresima (usanza rimasta solo nella vicina Ovodda). Durante il Mercoledì delle Ceneri gli Intintos, ossia le maschere con il viso reso nero con del carbone, imbrattano la faccia di chiunque incontrino nel loro camino mentre trasportano un fantoccio che a fine giornata viene dato alle fiamme.

Percorrendo le strette stradine del rione storico si possono ammirare le antiche case in pietra a più piani con i tipici corzos: si tratta di stanze a ponte sopra le vie che collegano abitazioni da un lato all’altro di cui oggi rimangono solo alcuni esemplari.

In posizione sopraelevata rispetto al centro si trova la parrocchialededicata a Sant’ElenaCostruita nel Seicento in stile tardogotico ha subito diversi interventi nei secoli fino a quello di fine Ottocento di cui è evidente testimonianza la facciata. L’interno presenta una navata con archi gotici tra cui sono state ricostruite le capriate in legno e la copertura a volte a crociera nel transetto che precede il presbiterio.

A meno di un chilometro dal paese si trova la località Santu Leo dove sorgeva l’antica chiesetta campestre intitolata a San Leone Magno, di cui rimanevano pochi resti. Recentemente ricostruita in forme contemporanee ospita la statua del Santo che viene portata in processione a settembre accompagnata da un corteo in abiti tradizionali.

A sud dell’abitato in località Gusagu si può visitare lo straordinario sistema museale denominato “Le vie dell’acqua”. Il museo di archeologia industriale comprende antichi macchinari: un ben conservato mulino ad acqua per la macinazione del grano e Sa Cracchera de tziu Bellul’ultima gualchiera delle 18 attive a Tiana nell’Ottocento, con cui si praticava il trattamento dell’orbace. Questo tipico tessuto con cui si realizzavano diversi capi dell’abbigliamento tradizionale era reso resistente e impermeabile attraverso un processo di follatura della lana che si eseguiva nella gualchiera: la stoffa veniva bagnata con acqua calda e battuta per mezzo dei grossi magli mossi dalla ruota azionata dalla corrente del rio Torrei.

Nelle campagne intorno al paese si possono rintracciare diversi resti archeologici: dai siti nuragici dell’età del Bronzo in località Sa Pira Era, Sa Tanca de su Pranu e S’ischisorgiu, alla fornace romana di Tudulu, ai ritrovamenti di epoca medievale in località Santu Leo, dove nel 1912 fu scoperta la tomba di un cavaliere del XV secolo .

Merita una visita la suggestiva necropoli di Mancosu risalente al Neolitico a circa 2,5 km dal centro nel territorio di confine con il comune di Ovodda. Le 7 sepolture scavate nel granito sono chiamate in Sardegna domus de Janas ma nel circondario sono anche denominate forreddos de janas per la forma dell’apertura che ricorda quella dei forni in cui si cuoceva il pane.