Autunno in Barbagia 2023

L’antico nome del centro, Augustis, risale all’epoca della dominazione romana e precisamente all’impero di Ottaviano Augusto (Roma 63 a.C. - Nola 14 d.C.).

Ma il territorio racconta una storia ancora più antica: punte di freccia in ossidiana, rinvenute in tutta l’area, sono i segni di un passato che risale fino al Neolitico. Alla preistoria appartengono anche alcuni importanti monumenti come il dolmen di Perda Longa e, a poca distanza, i nuraghi di Lughia, Turria e Istecori, testimoni della civiltà sarda che si sviluppò durante l’età del Bronzo.

Dai resoconti delle battaglie con i romani si conoscono i nomi delle tribù che popolavano la Sardegna. Intorno ad Austis abitavano i Celsitani e i  Cunusitani che resistettero tenacemente alla conquista e con cui gli eserciti di Roma si scontrarono molte volte.

Per difendere le vie di comunicazione e gli stanziamenti romani a guardia delle popolazioni locali nacque il presidio militare di Augustis dove furono inviati dalla capitale alcune guarnigioni tra cui la cohors (VII) Lusitanorum.

A documentare la presenza dell’avamposto romano, nella periferia a nord dell’abitato attuale, in località Perda Litterada, si trova una necropoli in cui sono state rinvenute lapidi in granito con iscrizioni latine, monete e resti di edifici di epoca imperiale.

Nel Medioevo il nome centro viene citato più volte come regnu de Agustis curadoria de Austis nei condaghes, registri delle chiese risalenti all'XI-XII secolo. Faceva infatti parte del Giudicato di Arborea ed era capoluogo di curatoria.

Il XIV secolo fu caratterizzato dalla grande guerra dei re sardi contro la potente Corona d’Aragona che avanzava pretese sull’Isola in nome della concessione fatta dal pontefice Bonifacio VIII. Nel 1388 il curatore della villa de Austis fu tra i firmatari della pace tra Eleonora D’Arborea e Giovanni I re d’Aragona. Il conflitto proseguì negli anni successivi e nel 1420 il villaggio entrò a far parte del marchesato di Oristano fino al 1478 quando fu confiscato all’ultimo marchese Leonardo Alagon che aveva riacceso il conflitto contro gli spagnoli. Da allora il centro fu infeudato a diverse casate passando sotto il dominio dei Pujades, Arbosich,De Sena, Cervellon e, con il passaggio del regno sardo ai Savoia, fu mantenuto come feudo dai Manca Guiso e infine dagli Amat.

Nel XVIII secolo venne istituito il Monte granatico e il Consiglio comunitativo primi strumenti con cui la popolazione iniziò il cammino di libertà dalle signorie feudali da cui fu riscattata nel 1838. In quegli anni fu aperta la prima scuola elementare e il paese fu inserito nella divisione amministrativa di Cagliari ma con la ricostruzione delle province dal 1927 è entrato definitivamente a far parte della provincia di Nuoro.

Attraverso sas andalas, una rete di sentieri testimoni di antiche storie, si giunge ai piccoli e grandi tesori del territorio di Austis tra cui si svelano affascinanti paesaggi. Passeggiando tra l’altopiano del Mandrolisai si scopre la stupenda foresta primaria di lecci mai sottoposti al taglio, i bellissimi boschi di sughera circondati dalla macchia mediterranea e le impressionanti sculture naturali modellate dagli agenti atmosferici sulla roccia granitica.

Lungo i percorsi si incontrano i vecchi luoghi di lavoro, oggi oggetto di recupero: le carbonaie, utilizzate fino agli anni ’60 del Novecento, e i caratteristici ovili, ricoveri montani un tempoabitati dai pastori.

Situato sulle pendici occidentali del Gennargentu, il territorio rappresenta il punto d’incontro di diverse regioni storiche caratterizzate da differenti morfologie ecostumi: Barbagia di Ollolai a nord e a est, Barigadu a ovest, e Mandrolisai a sud.

Tutta l’area è immersa in una flora ricchissima: boschi di lecci, querce, sughere ed essenze tipiche della macchia mediterranea come corbezzolo, erica, fillirea, ginestra, lentisco. I delicati fiori della rosa serafini, della rosa canina e del biancospino adornano le verdi distese profumate dalle essenze quali il mirto, il rosmarino e l’elicriso.

Di particolare bellezza è l’oasi faunistica di Assai dove hanno trovato il loro habitat diverse specie protette come il daino e il cervo sardo. Sono inoltre presenti cinghiali, volpi, donnole, martore, conigli, e il raro ghiro sardo. Numerosi anche gli uccelli: il corvo imperiale, lo storno, la pernice, la ghiandaia, il tordo e i rapaci come il falco pellegrino e la maestosa aquila reale.

Incastonate nella vegetazione spuntano le sculture rocciose modellate dalla natura e dal tempo: l’acqua e il vento hanno plasmato imponenti massi di granito donando loro profili che ricordano animali o persone. Tra le più note vi è quella a forma di aquila, in località Sa Conca de Su Cannizzu, ma soprattutto la roccia chiamata “sa crabarissa”: secondo la leggenda popolare rappresenterebbe una donna di Cabras trasformata in pietra per aver negato cibo ad un pastore; altre versioni la definiscono come la solitaria guardiana delle capre.

Passeggiando lungo i sentieri si scoprono cunicoli e ripari usati un tempo dai pastori e le impressionanti formazioni granitiche di Oppiane, dove si può ammirare un caratteristico rifugio sotto roccia, o quelle di Su Nou Orruendeche un enorme masso con uno sperone in equilibrio sul vuoto da cui si può godere di uno splendido panorama.

A nord del territorio comunale, vicino al confine con Teti, si trova l’incantevole vallata del lago Benzone, un bacino artificiale costruito lungo il corso del fiume Taloro per la produzione di energia idroelettrica. I corsi d’acqua sono incorniciati da ontani e salici che prediligono i terreni umidi e si incontrano anche nei pressi delle sorgenti.

Durante l’autunno non è raro incontrare tra i boschi appassionati che con i loro cestini vanno alla ricerca dei preziosi e prelibati porcini.

Incastonata tra tre regioni storiche (Barbagia, Mandrolisai e Barigadu) la terra di Austis è luogo di incontro e commistione di saperi e tradizioni.

Rimandano a rituali pagani le antichissime maschere di sos Cologanos che caratterizzano il carnevale austese: il viso è coperto da una maschera nera di sughero su cui sono fissati dei rami di corbezzolo mentre sul corpo si portano pelli di pecora e sulle spalle sono appese diverse ossa di animale che durante il movimento producono un inquietante suono ritmico.

Tra le tante iniziative a favore della cultura locale vi è la manifestazione Frores de Monte che si propone di conservare e valorizzare una arcaica forma di poesia popolare. Sos Frores sono i versi di questi componimenti creati seguendo una precisa metrica.

Per approfondire la conoscenza della storia si possono visitare alcuni siti archeologici risalenti al periodo preistorico. Il dolmen Perda longa rappresenta un’ importante testimonianza delle strutture megalitiche di tipologia mediterranea edificate tra il Neolitico e l’età dei metalli. Il monumento è definito dolmen a galleria per la profondità della camera (lunga 8,30 m e larga 1,40) formata da 15 lastre verticali e 5 tavole di copertura. La sua particolare struttura rappresenta una soluzione a metà strada tra i dolmen e le successive tombe dei giganti.

Tra i nuraghi(Lughia, Turria) presenti nel territorio assume una certa rilevanza quello di Istecori: si tratta di un nuraghe monotorre che si presume facesse parte del complesso di S’Urbale, posizionato a poca distanza in territorio di Teti.

Al centro del paese si trova la parrocchiale intitolata alla Madonna dell’Assunta. Fortemente rimaneggiata nel secolo scorso, fu eretta nel 1567 (come testimonia l’iscrizione presente su un pilastro) sul luogo dove probabilmente sorgeva una chiesa del Duecento dedicata a Sant’Agostino.

A poca distanza dall’abitato si trova l’incantevole chiesa campestre di Sant’Antonio da Padova costruita nel 1669 in località Sa Sedda de Basiloccu. Il santuario conserva un altare di legno intagliato in stile barocco. L’area intorno all’edificio è delimitata dai muristenis, alloggi temporanei per ospitare i pellegrini caratteristici delle chiese rurali sarde.

Qui si celebra una delle feste più sentite dagli austesi: la terza domenica di settembre si svolgono le celebrazioni in onore al Santo con canti e balli tradizionali, come su ballu tundu de su chintorzu, accompagnati dal suono dell’organetto. Tradizionalmente la festa si svolgeva alla fine dei lavori nei campi e prima della partenza dei pastori per la transumanza verso il Campidano di Oristano.

Molto apprezzata è la sua prelibata produzione gastronomica che si può gustare negli agriturismi della zona. Tra i piatti tipici si ricorda la fregula istuvada (con la caratteristica pasta a forma di piccole palline), fregula cun lampazzu (minestra con acetosella), i ravioli di patate e formaggio o di patate e cazzau saliu(caglio conservato sotto sale) oppure di ricotta, l’agnello e il capretto in umido o arrosto, la pecora bollita con patate e cipolla e le delicate e saporite seadas.