AIB edizione 2024
7 settembre - 15 dicembre 2024

Autunno in Barbagia

Scopri i paesi nel cuore della Sardegna

Una leggenda popolare narra di un antico villaggio intitolato a un capotribù nuragico da cui deriverebbe Onanie, nome in sardo del paese di Onanì.

I ritrovamenti archeologici testimoniano che le origini del centro risalgono fino all’età nuragica documentata anche dai numerosi monumenti sparsi in tutto il circondario: dalle classiche torri, alle tombe dei giganti, fino al pozzo sacro di Muros d’Avria. Il territorio però racconta una storia ancora più antica come dimostra la presenza delle sepolture scavate nella roccia denominate “domus de janas”, ‘case delle fate’, risalenti almeno al terzo millennio a.C.

Scarse sono le tracce d’età romana mentre l’influenza bizantina è attestata dai culti di Sant’Elena, dei Santi Cosma e Damiano e dalle chiese a loro dedicate.

Densa di vicende fu l’età medievale: il villaggio originariamente apparteneva alla curatoria di Bitti e al Giudicato di Gallura ma con la scomparsa della dinastia viscontea e la guerra contro Pisa, che portò allo smembramento del giudicato, venne annesso nel XIV secolo a quello di Arbore .

Passato nelle mani degli invasori aragonesi nel 1335, entrò a far parte del feudo di Giovanni d’Arborea fratello traditore del giudice Mariano IV. Giovanni fu in seguito catturato e imprigionato dal fratello e il destino del villaggio seguì passo passo le sorti della guerra fra l’Arborea e i catalano-aragonesi. Nel 1410, quando il destino del conflitto era ormai segnato a favore dei conquistatori, Onanì divenne parte del feudo di Nicolò Turrigiti.

Solo vent’anni dopo i suoi eredi lo vendettero al marchesato di Oristano cosicché anche il villaggio entrò a far parte della contesa tra la Corona d’Aragona e il marchese Leonardo Alagon che aveva tentato di accendere nuovamente la fiaccola della ribellione contro la dominazione iberica. Con la sconfitta di Alagon il villaggio passò nelle mani dei Carroz e a seguire degli altri feudatari tra cui i De Silva che nel 1617 lo inglobarono nel grande marchesato di Orani.

Nel XVIII secolo la Sardegna passò sotto la dominazione sabauda ma, come per la maggior parte dei centri sardi, Onanì dovette attendere il 1839 per potersi liberare definitivamente dal giogo feudale.

L’attuale parrocchiale venne edificata nel 1866 e dedicata al Sacro cuore di Gesù. A fine Ottocento il comune cedette la frazione di Mamone allo stato che vi edificò la colonia penale ancora in uso. Alla metà del XIX secolo risale l’attuale denominazione ufficiale del paese modificata a causa di una errata trascrizione dei cartografi piemontesi.

Dal 1984 al 1990 l’amministrazione municipale ha commissionato al pittore bittese Diego Asproni bellissimi murales che adornano le strade principali con scorci di vita passata, avvenimenti della storia del paese e temi religiosi.

Una ricca varietà di paesaggi caratterizza il territorio di Onanì in cui il visitatore potrà spaziare con lo sguardo su panorami ogni volta diversi e sempre incantevoli.

Le  verdeggianti colline sono ricoperte da stupendi boschi di roverella circondati dalle essenze della macchia mediterranea. Questo è l’habitat di diverse specie della fauna locale: cinghiali, lepri, pernici ecc.

Tra i rilievi si incontrano estese aree riservate al pascolo brado del numeroso bestiame, costituito in prevalenza da ovini, che rappresenta la principale fonte di reddito della popolazione. Questa importante attività ha lasciato in eredità  sos cuiles ossia i tradizionali rifugi dei pastori oggi ancora usati da chi si avventura sui suggestivi sentieri della transumanza che costeggiavano principalmente il Riu Mannu, per giungere sulla piana di Gallè o proseguire verso la Gallura.

Lungo questi percorsi, alla scoperta delle bellezze ambientali del luogo, si incontra una straordinaria foresta di lecci secolari in località S’Adde de s’achina.

Uno splendido scenario naturalistico è rappresentato dalle valli formate dai principali corsi d’acqua: Riu Mannu, Riu Masicare, Riu Laerru contraddistinte dalla rigogliosa vegetazione tipica degli ecosistemi fluviali .

Sul versante nord-ovest si trova l’altopiano granitico di Mamone in cui nidifica la bellissima regina dei cieli: l’aquila reale.

Una passeggiata nelle campagne intorno al centro abitato offre la possibilità di fare un tuffo nella storia alla scoperta delle deliziose chiesette campestri e dei siti archeologici; luoghi di grande fascino come la chiesa di Santu Pretu, edificata nell’XI secolo con conci di granito e una rara copertura con lastre di scisto, accanto a cui si trova il nuraghe omonimo, testimone dell’antica civiltà sarda che qui si stabilì fin dall’età del Bronzo.

Antichità e modernità convivono in un paese che può vantare origini che affondano nella preistoria e che ha saputo guardare al futuro scommettendo sull’arte e sulla propria cultura.

Le domus de janas scavate nella roccia in località Cogoli sono importanti testimoni delle civiltà che abitarono l’area fin dal Neolitico a cui seguì l’epoca dei nuraghi che, a partire dal 1800 a.C. circa, ha rappresentato l’unità culturale dell’Isola. Nel territorio comunale sono presenti numerosi siti archeologici, molti ancora da indagare: un pozzo sacro in località Muros D’Avriatombe dei giganti (a San Bachisio, Tanca Rettorale, Ozziddai e Su Cumonale de josso), e le straordinarie torri tra cui quelle meglio conservate sono: nuraghe Santu Pretu, nuraghe Salamizzi, nuraghe Liri, nuraghe Liuguri.

Tra questi ultimi il più conosciuto e quello di Santu Pretu costruito su una piccola altura, in prossimità dell’attuale abitato, accanto al quale, nella  seconda metà dell’XI secolo, fu edificata l’incantevole chiesa intitolata a san Pietro Apostolo.

Questo piccolo capolavoro, realizzato in conci di granito, ha una scenografica copertura in lastre di scisto. Un campanile a vela sovrasta la facciata caratterizzata da un portale con arco e un’apertura crociforme che si ripete sull’abside.

Il centro storico ha conservato le tipiche case dell’architettura tradizionale un tempo suddivise tra  su palatzu, ossia l’ambiente abitativo con su fochile (il focolare) al centro, che fungeva da cucina e da camera da letto, e s’unnacru, il magazzino dove si custodivano le provviste. Parte integrante delle abitazioni erano sas cortes, i tipici cortili interni dove si allevavano il maiale e le galline.

Percorrendo le vie del paese si rimane affascinati dai preziosi murales dipinti dal pittore Diego Asproni su commissione del Comune tra il 1984 e il 1990 a cui si sono aggiunti quelli di alcuni allievi dell'Accademia di Brera.

I soggetti proposti spaziano dai racconti di vita quotidiana agli eventi storici e alle rappresentazioni dei valori comunitari sia etnici che religiosi. A quest’ultimo tema si ispirano La Natività e la Crocifissione di Cristo illustrate sui muri delle strade che conducono alla parrocchiale dedicata al Sacro Cuore. La chiesa venne costruita nel 1866 in sostituzione di quella di Santa Maria, realizzata nel XIV secolo di cui rimangono i ruderi degli affascinanti archi gotici. Nel portale della parrocchiale sono incastonate le meravigliose formelle bronzee create dall'artista Pinuccio Sciola in cui si ripercorre la passione e resurrezione di Gesù.

Nei dintorni è possibile visitare le graziose chiese campestri dedicate a san Bachisio, san Francesco, sant’Elena e ai santi Cosma e Damiano. Le ultime due rimandano ai culti di origine orientale che testimoniano la frequentazione dell’area in epoca bizantina.