Primavera nel Cuore della Sardegna 2024

Le origini del paese sono incerte, ma certamente molto antiche come testimoniato dalla presenza di numerosi siti risalenti all'epoca prenuragica, nuragica, punica, romana e medievale. L’elenco degli edifici monumentali preistorici del 1922 riporta nel territorio di Lei la presenza di 6 nuraghi, 2 domus de janas e 3 tombe di giganti. Il nome del paese compare per la prima volta nel  Condaghe di Santa Maria di Bonarcado con la grafia Lee . Per quanto attiene alla sua etimologia le interpretazioni sono contrastanti: alcuni studiosi sostengono che derivi dal latino lex “legge”, o dal greco “preda”. Altri sostengono che derivi dal fenicio lehe “fatica”, in quanto per arrivare in Paese è necessario percorrere una ripida salita. Altri studiosi fanno derivare invece il nome dal Logudorese lèe, lè, lèi che significava “paglia di fave”. Nel periodo giudicale, e in quello successivo spagnolo, viene denominato Ley, termine che in spagnolo ha il significato di legge, lealtà, fedeltà.

In epoca giudicale il paese fece parte prima del Giudicato del Logudoro poi di quello di Arborea. Nel trattato di pace stipulato fra Aragona ed Arborea nel 1386 il paese di Lecy è fra quelli che sottoscrivono la pace per la parte d’Arborea, successivamente con la soppressione della diocesi di Ottana avvenuta nel 1504, Lei passò a far parte della diocesi di Alghero dalla quale tutt’ora dipende.

La Sardegna, dopo la battaglia di Macomer, passò prima sotto gli Aragona e in seguito alla Spagna;
nel 1478 il paese andò a far parte dell’Encontrada del Marghine, compresa nel Cabo de Sacer y Logudor. Nel 1688 Ley (questa è la grafia con cui viene solitamente indicato il paese) comprende 21 “fuochi”, cioè nuclei familiari; dieci anni dopo si passa a soli 14 fuochi per un totale di 39 abitanti, a causa sicuramente della peste che spopolò tanti villaggi della Sardegna. Negli anni successivi si assistette a una progressiva ripresa: nel 1728 si contavano 163 abitanti, 61 nel 1751 234 abitanti, 415 nel 1844 e 497 nel 1901. Cessato il periodo della dominazione spagnola Ley nel secolo XVIII passò in feudo alle illustri casate isolane di origine spagnola, i Pimentel prima e i Tellez – Giron poi. Questi ultimi la tennero fino alla data del riscatto nel 1839. I Pimentel e i Tellez-Giron furono Grandi di Spagna nel 1582 ed erano Duchi di Ossuna e Cavalieri di Calatrava (1450) e del Toson d’oro (1610).

Il Paese di Lei è edificato su una collina posta ad una altitudine di circa mt 500, con esposizione a sud est su un territorio di Kmq 19,01 di cui 645 destinati a bosco e comprendenti
la parte centro occidentale della Catena del Marghine. Gli studiosi sostengono che il Paese sia nato vicino alla chiesa medievale di San Michele, consacrata nel 1340, che anticamente si trovava in periferia mentre ora è collocata all’interno del centro abitato.
Circondato dalle montagne della Catena del Marghine, il pittoresco paesino di Lei è immerso in una rigogliosa natura caratterizzata dalla presenza di lecci, castagni, tassi, roverelle e querce secolari: un'area boschiva di notevole interesse ambientale percorsa da sentieri naturalistici dal fascino irresistibile. Quest'area inoltre è ricca di sorgenti e corsi d'acqua, che la rendono fresca e rigogliosa. Tra le montagne che incorniciano il paese la cima di Monte Jammeddari , detto anche Sa Turrita, è la più elevata, arrivando a superare i 1100 metri, e rappresenta la seconda cima dell'intera catena del Marghine. Le altre principali alture sono Corona Mariani, Punta Primaghe e Corona Ruja. Queste cime vennero scelte da tempi immemorabili come dimora da maestosi volatili come poiane, corvi imperiali e astori che ancora oggi nidificano qui. Una bellissima baita montana situata a circa 900 mt nella località di Zuncos e un parco permettono di poter osservare più da vicino, con un po' di fortuna, alcuni momenti della vita di questi schivi animali, e soprattutto di trascorrere momenti di vero relax totalmente immersi in un ambiente da sogno; vi sono inoltre sentieri e percorsi ad hoc per chi ama le lunghe passeggiate all'aria aperta.

Autorevoli fonti quali il La Marmora e l’Angius segnalano, in questi territori, la presenza di nuraghi e “vestigia di antiche popolazioni delle quali ignorasi il nome”. Il Taramelli segnala i 3 nuraghi di Beraniles, Santu Martine 'e Pattada e nella sua Guida al Museo Nazionale di Cagliari riferisce di alcuni reperti provenienti da Lei ed esposti in questo museo: oggetti frammentati in bronzo provenienti da una fonderia e di accette, asce, pugnali, bipenni e lance, di armille ed altri oggetti in gran parte spezzati e, ancora, di alcune statuette. Poco distanti dal centro abitato di Lei, si trovano le domus de janas "Su Furrighesu" . Vi si accede percorrendo il sentiero di Legambiente, denominato " Su caminu 'e carralzu", per circa 1,4 km, che conduce a due piccole grotticelle artificiali che sorgono poco distanti una dall'altra, monocellulari e prive di ambienti sussidiari e cultuali, adatte a contenere uno solo o pochi defunti. Invece, sull'estremità meridionale dell'altopiano basaltico di Lei, si trova il Nuraghe Pranu 'e Pattada: un monotorre a pianta circolare con nicchia d'andito e scala che si apre nella camera voltata a tholos. Su una rupe a circa 1220 metri dall'abitato, in direzione nordest si trova il Nuraghe Santu Martine, circondato dai resti di un villaggio; mentre a circa 50 metri dalla riva sinistra del Riu Canales si trova la Tomba di Giganti Cubadda.
La festa religiosa più importante è sicuramente San Marco Evangelista che viene festeggiato due volte all’anno, il 24-25-26 Aprile e a settembre. Le celebrazioni di aprile prevedono la processione dei fedeli e i cavalieri che percorrono un cammino di circa tre chilometri sino ad arrivare alla Chiesa campestre situata in territorio di Silanus, mentre i festeggiamenti continuano per tutta la notte tra preghiere e balli. In questa occasione, viene realizzato a mano dalle donne del paese un pane votivo chiamato “Sa Cogone de Santu Marcu”, un pane di semola in cui vengono inseriti vari tipi di fiori e caprioli, una vera opera d’arte. Mentre è rinomata la produzione di squisiti pirichittos, amarettos, pabassinas, sebadas, sospiros e casadinas, e di pani fragranti quali il carasau e su zicchi.

Al periodo medioevale (sec. XIV) risale invece la chiesetta campestre intitolata a San Michele Arcangelo, un tempo periferica ed oggi inglobata dalla recente espansione edilizia. La facciata è ingentilita dalla cornice del portoncino realizzata in conci di trachite, e dalla soprastante monofora; a fianco della chiesetta si trova un semplice campanile a vela. L’Archivio Capitolare di Alghero conserva la pergamena relativa alla consacrazione dell’antico edificio ad opera di Silvestro vescovo di Ottana del 1340. Si tratta di un edificio molto semplice e senza decorazioni, ma che racconta la storia del paese nei tempi in cui fu residenza estiva del vescovo di Ottana. Nel vecchio centro storico è ubicata la parrocchia del patrono di Lei, San Pietro, eretta negli ultimi decenni del secolo XIX grazie ad una donazione dalla Signora Antonica Serra Longu.

La rigogliosità del territorio ha contribuito allo sviluppo di un'economia di tipo agricolo, con importanti produzioni cerealicole, di legumi, lino, canapa, alberi da frutto, vino e olive da cui si trae un buon olio. Lei è rinomata per il suo artigianato, in particolare quello tessile rappresentato dai tappeti realizzati con i tipici colori caldi.