Cuore della Sardegna

In Barbagia, nel cuore della Sardegna, il Carnevale non è una semplice festa, bensì un evento che caratterizza l’identità delle comunità nelle quali si svolge e nel quale sacro e profano si mischiano dando vita ad uno spettacolo unico. Non a caso i carnevali barbaricini iniziano la sera della vigilia di Sant’Antonio Abate (16 gennaio), quando le varie maschere inscenano delle danze propiziatrici intorno a grandi falò che ardono nei centri dei paesi.

Il carnevale barbaricino più conosciuto è probabilmente quello di Mamoiada, dove i “mamuthones” e gli “issohadores” sfilano per le vie del paese danzando al ritmo dei pesanti campanacci che pendono dai costumi in lana di pecora. Gli otto issohadores hanno il compito di sorvegliare i dodici mamuthones, utilizzando la loro fune per catturarli con dei precisi lanci.

Hanno invece delle fattezze bovine le maschere dei “boes” di Ottana, che indossano un vello bianco di pecora, con una cinta di cuoio dalla quale pendono i campanacci. I boes sono legati con una fune e sorvegliati con un bastone dai “merdùles”, che sul volto portano delle maschere lignee antropomorfe di colore nero (“sas caratzas”). La figura più inquietante del carnevale ottanese è “sa filonzana”, una sorta di parca con il volto coperto che tesse il filo della vita e minaccia di tagliarlo con un paio di forbici. Anche a Ottana la prima uscita dei boes e dei merdùles avviene la sera della festa di Sant’Antonio, quando intorno ad un grande falò si balla il cosiddetto “ballu de s’affuente”, che prende il nome da un tradizionale piatto in rame che il prete consegna solitamente ai danzatori dopo la benedizione del fuoco.

Si dividono in due categorie le maschere dei “thurpos” di Orotelli: i “thurpos boes” e il “thurpu boinarzu”. Entrambe le figure portano sulle spalle dei campanacci ed indossano un vestito nero con un cappuccio calato sul volto che viene annerito dal carbone. I thurpos boes escono in coppia, legati da una fune e comandati dal boinarzu.

Un’altra importante maschera barbaricina è “su bundhu” di Orani, una figura simile ad un diavolo, con una maschera di sughero, due corna, baffi e pizzetto bianchi. Su bundhu rimane avvolto in un gabbano nero di orbace e tiene in mano un forcone e, durante la sua sfilata, emette delle urla per invocare il dio del vento che gli propizi la mietitura.

S’urtzu”, per metà uomo e per metà caprone, è il personaggio centrale del carnevale di Fonni; indossa il vello e viene sorvegliato da “sos buttudos”, che sono i montoni non castrati e vestono con un saio nero col cappuccio calato sul viso annerito di carbone. Nel carnevale di Fonni sfilano inoltre le maschere femminili denominate “sas mascheras limpias”: vestite con parti del costume tradizionale, esse portano un cappello coperto da una tovaglia ricamata, un velo bianco sul viso e dei guanti e, per non farsi riconoscere, restano sempre in silenzio e vengono accompagnate da “su portadore”.

Tornando alla maschera de “s‘urtzu”, essa è protagonista anche nel carnevale di Austis, controllata dai “bardianos” e accompagnata da “sos colonganos”, i quali portano sul capo delle pelli di volpe o di martora, indossano una maschera di sughero nera (“sa caratza de ortigu”) nascosta sotto le “frunzas de lione” (rametti e foglie di corbezzolo) e vestono con delle lunghe e scure pelli di capra sulle quali gli ossi di animali producono il suono che accompagna la loro danza.

Il carnevale barbaricino, così ricco di storia e tradizione, è un’esperienza imperdibile in ognuno dei centri nei quali si svolge, con le proprie particolarità e caratteristiche che rendono questi eventi spettacolari ed unici nel loro genere. Una vera magia nel cuore della Sardegna.