Secondo un’antica leggenda narrata nel Libro dei Re, durante il regno di Salomone, due donne si presentarono al tempio regale reclamando la maternità di un neonato. Il monarca propose come soluzione quella di dividere in due il bambino, provocando in tal modo la soddisfazione dell'impostora e la rivelatoria disperazione della vera madre. La sorte de “sa burra sarda” era similmente quella di dividersi per sancire la rottura di un legame familiare; essa veniva donata dalla donna barbaricina al figlio primogenito durante il fidanzamento e, se il matrimonio fosse naufragato, il destino del prezioso manufatto sarebbe stato quello di essere diviso in due.
Sa burra è un pregiato manufatto tessile, tipico dei centri barbaricini di Sarule, Gadoni e Orani. Il tappeto è interamente ricavato dal vello della pecora, dal quale si ottengono lo stame (il filato più resistente usato per fare l’ordito) e la lana che, grazie alla sua maggiore morbidezza, viene utilizzata per le trame. Sempre in base ad antiche tradizioni popolari, essendo un tessuto di grande pregio, sa burra veniva anticamente barattato con beni alimentari ed il suo antico valore corrispondeva a quaranta chili di formaggio o a centoventi di grano.
Si tramanda inoltre che la lavorazione fosse svolta da tre donne che tessevano ininterrottamente al telaio verticale per quaranta giorni. Durante la faticosa quaresima lavorativa, specialmente se questa coincideva con i mesi più freddi dell'anno, il committente del manufatto doveva prendersi cura delle pazienti lavoratrici provvedendo a portar loro del latte caldo e altri alimenti necessari al sostentamento.
Gli splendidi colori de sa burra si ottenevano e si ottengono ancora oggi attraverso la cottura di diverse erbe: quello predominante è generalmente il giallo, che si ottiene facendo bollire rami e foglie di erimeri (pianta aromatica molto comune in Sardegna); il nero, altro colore classico, è la tinta naturale della lana, anticamente ottenuto dal mallo delle noci. Per intensificare e rafforzare i colori si aggiunge una miscela di acqua e cenere detta “sa lessia”. I motivi caratteristici riprodotti sulla preziosa creazione attingono dalla quotidianità della vita della comunità locale: la fantasia de “is denteddas” era ispirata alla dentatura umana, quella de “sas menduleddas” ai tipici dolci in pasta di mandorla, “sos mojos” suggeriscono invece i classici recipienti di sughero che venivano usati per far lievitare il pane ed in sostituzione delle arnie per le api. Oggi, durante il passaggio della processione religiosa del Corpus Domini, questi splendidi tappeti vengono utilizzati per abbellire le abitazioni e si possono inoltre ammirare nel corso di alcune manifestazioni come Autunno in Barbagia, che si svolgerà in tutti i centri nei quali questa antica e suggestiva tradizione è ancora oggi presente.
Sarule vi aspetta il 28 e 29 settembre per Autunno in Barbagia!