Un’aura di leggende avvolge la fondazione del paese di Sarule: si narra di un tal donno Sarule che, intorno all’anno Mille, si rifugiò con la sua famiglia nell’attuale centro storico tra la chiesa del Rosario e la scomparsa chiesa di Santa Marta.
Ma i numerosissimi siti archeologici (circa 40) del suo territorio testimoniano una storia ancora più antica che risale al Neolitico: lo raccontano le affascinanti domus de janas (sepolture scavate nella roccia) di Neunele, Sa Neale e Sa Pranedda.
Anche la grande civiltà nuragica si stabilì tra queste terre: oltre ai resti dei nuraghi di Iloe, Badu de Orane, Illudei, Letza, Orvanilo, Dospanilo, Illarra, Peddio, si conservano i monumentali sepolcri dell’età del Bronzo chiamati “tombe dei giganti” tra cui la meglio conservata è quella di S’Altare de Logula.
Durante l’epoca romana sono stati riutilizzati diversi insediamenti preistorici come documentano i rinvenimenti nelle località di Incavadu, Valeri, Neunele e Durghio.
Un importante capitolo della storia è quello legato alla fondazione del santuario di Nostra Signora di Gonare sul monte omonimo. Secondo il racconto popolare fu costruita come ex voto dal giudice Gonario II di Torres che, di ritorno dalla Seconda Crociata (1145), promise di erigere una chiesa alla Madonna sul primo lembo di terra che avesse visto se fosse sopravvissuto ad una terribile tempesta che rischiava di far naufragare il suo veliero. La leggenda narra che giunto sulle coste di Orosei il giudice vide per prima cosa il Monte Gonare, che da lui prende nome, dove fece costruire l’edificio religioso.
Nell’ XI secolo la villa di Sarule è citata nel condaghe di San Pietro di Silki; a quell’epoca il centro era capoluogo della curatoria, che da lui prendeva il nome, ed era incluso nel Giudicato di Torres. Dopo la caduta del giudicato nel XIII secolo, entrò a far parte del Giudicato d’Arborea e ricompreso nella nuova curatoria di Dore. I suoi abitanti parteciparono alla grande guerra tra i sovrani sardi e gli invasori iberici fino alla definitiva vittoria della Corona d’Aragona. A partire dal Quattrocento il villaggio passò quindi in mano ai funzionari baronali prima spagnoli poi sabaudi (dal 1720) che imposero pesanti tributi feudali. I sarulesi si ribellarono ripetutamente all’oppressione e parteciparono ai grandi moti antifeudali che agitarono l’Isola nel Settecento. Il centro, incorporato dal Seicento al Marchesato di Orani, si liberò definitivamente con il riscatto del feudo nel 1839.
Nel Novecento il paese conosce una certa notorietà grazie alle sue produzioni locali tra cui i tessuti di lana realizzati al telaio. N egli anni Cinquanta, Eugenio Tavolara, direttore dell’ Istituto Sardo Organizzazione Lavoro Artigiano (ISOLA), incantato dalla bellezza della tipica burra sarulese si prodigò per far conoscere e rinnovare la tradizione della tessitura. Le abili artigiane del paese si impegnarono a riprodurre i disegni dell’artista che ricevettero numerosi premi e riconoscimenti internazionali.
I profili appuntiti del complesso di Gonare risaltano sul dolce territorio collinare che circonda il paese di Sarule. In quest’area si trovano le più antiche terre emerse della Sardegna su cui si distinguono masse di granito, calcare e una grande varietà di rocce metamorfiche.
Con la loro caratteristica forma conica spiccano le tre cime di Gonare (1083 m), Gonareddu (1045 m) e Punta Lotzori (976 m) ricoperte da boschi di querce che nelle zone calcaree più elevate lasciano il posto alla Bituminaria morisiana e all’Efedra nebrodense. Questo è l’habitat delle bellissime rose di montagna (Paeonia mascula subsp. russoi), delle delicate orchidee (Orchis mascula ichnusae) e di numerose specie endemiche tra cui il Colchico di Gonare, il Gigaro sardo corso e l’Acino di Sardegna. Anche tra la fauna si trovano alcune specie esclusive dell’Isola come la raganella sarda (Hyla sarda) oltre alle martore, lepri, volpi, cinghiali e molte varietà di uccelli (tortore, picchi, poiana, astore, falco pellegrino).
Per salvaguardare l’importante biodiversità di questi luoghi, l’area del Monte Gonare (compresa nei territori dei comuni di Orani e Sarule) è stata inclusa tra i siti di interesse comunitario (SIC) dell’Unione Europea.
Sulla cima più alta si trova il santuario di Nostra Signora de Gonare che secondo la tradizione fu eretto nel XII secolo dal giudice Gonnario II di Torres come ex voto per essere scampato al naufragio di ritorno dalla Seconda Crociata. Per arrivarci si percorre un affascinante sentiero in parte scavato nella roccia che attraversa lo spazio occupato dalle cumbessias, le abitazioni temporanee che ospitano i fedeli durante i festeggiamenti in onore alla Madonna.
Ai piedi della montagna si sviluppa il territorio collinare di Sarule ricco di sorgenti e ricoperto da boschi di lecci, roverelle e aceri tra cui fioriscono ciclamini e convolvoli. Sono inoltre presenti diversi alberi da frutto e olivi. In località Valeri (attraversata dalla strada che conduce a Ottana) si può ammirare uno spettacolare esemplare di olivo millenario con una circonferenza di ben 11 metri.
Proseguendo verso ovest si incontra il piccolo Monte Incavaddu (438 m) ai piedi del quale si trova S’Altare de Logula, un magnifico esemplare di tomba di giganti, sepolture risalenti all’epoca del Bronzo.
A ovest il territorio degrada fino ai 215 m della graziosa valle di Ghirtoe dove scorre il rio Binzas affluente del fiume Tirso.
Paese di “gente pacifica e laboriosa” come lo definiva l’Angius nell’Ottocento, Sarule ha dato i natali allo scrittore Salvatore Sini (1873-1954) , autore della poesia A Diosa divenuta la più famosa canzone d’amore della Sardegna col titolo della prima strofa “Non poto reposare”, ancora oggi immancabilmente presente in ogni serenata.
Il paese è noto in tutta l’Isola per la produzione di pregiati e coloratissimi tappeti in lana grezza e cotone. Questi splendidi manufatti sono ancora realizzati su arcaici telai verticali secondo schemi e modalità antichissimi. Tra le vie del centro si trovano le botteghe artigiane in cui si realizzano questi capolavori unici. La bellezza della tipica burra sarulese affascinò anche l’artista Eugenio Tavolara che richiese alle tessitrici di riprodurre alcuni suoi disegni: da questa collaborazione sono nate vere opere d’arte molto ricercate.
Manufatti artigianali e oggetti d’epoca sono esposti nella Casa Museo del Giudice Ladu sulla via principale. Tipico esempio di residenza signorile, conserva gli arredi originali ed è ancora utilizzata per diverse dimostrazioni di preparazione del pane o dolci tipici che si svolgono durante la manifestazione Autunno in Barbagia.
Il centro storico, con le strette viuzze su cui si affacciano le tipiche case in granito, si sviluppa intorno alla chiesa più antica di Nostra Signora del Rosario. Una lapide ritrovata durante operazioni di restauro documenta che l’edificio fu ricostruito nel XIII secolo sopra la più antica chiesa di San Nicola di Bari.
La parrocchiale intitolata a San Michele si affaccia sulla piazza principale del paese. La sua costruzione venne iniziata nel Settecento ma la chiesa fu aperta al culto solo nel 1814. Al suo interno custodisce un battistero e un crocefisso settecenteschi. Pochi metri più a destra si incontra la chiesetta di Santa Croce del XVII secolo con interessanti affreschi sulla Passione di Cristo. Da qui percorrendo la via santa croce per un centinaio di metri si arriva alla piccola chiesa di Sant’Antonio sede delle confraternite che animano le feste religiose tra cui gli spettacolari riti della Settimana Santa.
A pochi chilometri dall’abitato si trova il santuario di Nostra Signora del Monte Gonare, importante edificio religioso meta di pellegrinaggio da tutta la Sardegna. La struttura attuale è il risultato di rilevanti interventi eseguiti nel Seicento e Settecento ma la sua fondazione risale al XII secolo. Il Giudice Gonario II di Torres la fece costruire sulla cima del monte, a ben 1083 metri d’altezza, come ex voto per essere scampato ad un naufragio di ritorno dalla Seconda Crociata. Ogni anno le vicine cumbessias, tipiche abitazioni dei pellegrini, sono ripopolate durante i festeggiamenti dell’8 settembre.
I numerosissimi siti archeologici (circa 40) documentano la presenza dell’uomo in questo territorio fin dalla preistoria. Al Neolitico risalgono le affascinanti domus de janas (sepolcri scavati nella roccia) di Neunele, Sa Neale e Sa Pranedda, mentre l’età del Bronzo è rappresentata dalle eccezionali costruzioni della civiltà nuragica. Nelle campagne si possono visitare i nuraghi di Iloe, Badu de Orane, Illudei, Letza, Orvanilo, Dospanilo, Illarra e Peddio. Non distanti dagli insediamenti si incontrano le sepolture dette “tombe dei giganti” come quelle di Lutha, Enuteo, Lorrocorio e S’Altare de Logula. Quest’ultima si conserva in buono stato con una bella stele decorata ancora sul posto.