Il paese di Sindia può essere considerato la culla del monachesimo cistercense in Sardegna: questo famoso ordine religioso intrecciò infatti uno stretto rapporto col territorio e la sua presenza è testimoniata oggi dai resti dell’abbazia di S. Maria di Corte o di Cabu Abbas e dalla chiesa di San Pietro, entrambe appunto di origine cistercense, segno tangibile del contributo dato da Sindia alla storia del Medioevo sardo. Secondo il Libellus Judicum Turritanorum, il giudice Gonario di Torres, di rientro dalla Terra Santa si fermò nell’abbazia di Montecassino per chiedere a Bernardo di Chiaravalle l’invio in Sardegna dei monaci, che giunsero nell’Isola intorno al 1149. Il paese visse una stagione molto positiva grazie all’apporto dei monaci, noti per le loro capacità innovative in campo agricolo, anche se l’insediamento cistercense in Sardegna si fermò intorno al Quattrocento. Sindia è citata per la prima volta nel Condaghe di San Nicola di Trullas (secc. XII-XIII), e apparteneva alla curatoria della Planaria del Giudicato di Torres. Ben presto fu oggetto delle mire dei Malaspina, che se ne diventarono i signori. Nel 1308 passò a titolo oneroso al giudice di Arborea e ottanta anni più tardi fu partecipe della stipula dell’effimera pace tra Eleonora d’Arborea e Giovanni d’Aragona. Nel 1430, dopo la fine del giudicato arborense, Sindia fu prima infeudata a Guglielmo Raimondo Moncada, quindi, nel 1453 confiscata dal re e di nuovo data in signoria nel 1469 a Giovanni Villamarì. Dalla metà del Cinquecento al 1629 rimase soggetta al fisco regio.
Acquisita dai Brondo di Cagliari fu ancora confiscata nel 1670 per la crisi di questa nobile famiglia e nel 1698 passò a Giuseppe Olives. Infine, nel 1756 fu venduta a Antonio Ignazio Palliaccio che con i suoi discendenti si fregiò del titolo di Conte di Sindia e Marchese della Planargia, fino al riscatto del feudo nel 1839. Nel 1796 gli abitanti del paese accolsero “con grande festa”, come dice il Manno, l’arrivo dell’alternos Giovanni Maria Angioy, appoggiando la sua linea antifeudale. Nei primi decenni dell’Ottocento fu costruita la strada tra Bosa e Macomer, che attraversando Sindia, ne facilitò i traffici: si ricorda tra l’altro in quel periodo l’esportazione di cavalli di razza a Marsiglia.
Sindia è un comune di circa 1700 abitanti in provincia di Nuoro, situato nel territorio compreso fra le regioni storiche del Marghine e della Planargia, tra l'altopiano di Campèda e la catena del Màrghine, a 510 metri sul livello del mare. Il panorama offre un'armoniosa alternanza di pascoli e boschi di sugherete, e sarà facile rimanere affascinati dalla riserva naturale di Sant'Antonio, con i suoi verdeggianti lecci, agrifogli, sugheri e roverelle, oltre all'area del Rio Furrighesu , ricca di sorgenti e molto fertile.
Il centro abitato si sviluppò verosimilmente intorno al nuraghe Giambasile, estendendosi poi verso la chiesetta di San Pietro e in epoca seicentesca verso la chiesa di San Giorgio. Nel territorio di Sindia sono presenti circa 50 siti archeologici tra domus de janas, nuraghi e tombe di giganti. Non lontano dal centro abitato sorge, a quota 530 metri, il Nuraghe Santa Barbara, uno dei più imponenti e meglio conservati all’interno del territorio comunale: si tratta di un monotorre a due piani, costruito con conci di pietra basaltica perfettamente sbozzati e ordinati in filari regolari. A breve distanza dalla chiesa campestre di San Demetrio, all’interno dell’abitato, si trova il nuraghe monotorre Sa Mandra ‘e sa giua . L’elemento caratterizzante di questo nuraghe è costituito da un poderoso e ampio antemurale, scoperto agli inizi del Novecento dall’archeologo Antonio Taramelli che segnalò un recinto di mura colossale. Nei pressi del Rio Furrighesu si trova un complesso monumentale composto da un nuraghe monotorre, una tomba di giganti e un dolmen. Altri insediamenti presenti nel territorio sono i nuraghi Nela, Giambasile, Monte Codes, Serras, Fiorosu e Losa, la tomba dei giganti di S’ena ‘e Solomo, il sito Su Crastu e Nostra Signora.
In epoca romana Sindia, ebbe una posizione importante, essendo il suo territorio attraversato da strade secondarie dette “diverticulae”. Risale a questo periodo il ponte costruito sul Rio Mannu , detto Ponte Oinu , lungo 29 metri e alto cinque, a tre luci e con le arcate sostenute da pilastri in pietra e la pavimentazione superiore formata da lastre rettangolari, accuratamente posizionate e ben conservate. L’archeologo Antonio Taramelli (1845-1922), definì Sindia “La Lucca sarda” , per l'alta concentrazione di monumenti. Al centro dell’abitato sorge la parrocchia Abbaziale di Nostra Signora di Corte, che fino al 1989 era titolata alla Madonna del Rosario.
Il complesso di Cabuabbas o Caput acquae, sede nel Medioevo di un’abbazia abitata dai monaci cistercensi, fu edificato secondo gli studiosi intorno al 1147. Oggi dell’antica struttura rimane una parte del transetto, parte del coro e la sacrestìa, inglobate nell’attuale chiesa. Tra il 1150 e il 1160 venne edificata la chiesa di San Pietro, in pietra vulcanica scura, ad aula unica con abside orientata a nord est e volta a botte spezzata. Altre chiese importanti sono quella dedicata a San Demetrio, del XVII secolo e quella di San Giorgio, il cui impianto originario è del XII secolo. Sulle stradine lastricate si affacciano antiche abitazioni settecentesche come casa Frades Sales e casa Antoni Maria Zillanu. Sui portoni, scolpite da lapicidi locali, alcune date che segnano la storia del luogo come casa Sorres Sales del 1882 o l’elegante palazzina di Luigi Tedde.
Il paese di Sindia organizza durante l’anno numerosi eventi e manifestazioni culturali all’insegna della valorizzazione della tradizione. La prima festività è quella di Sant’Antonio Abate che si celebra il 16 e il 17 gennaio con un grande falò, detto su fogulone, che brucia per tutta la notte illuminando la festa animata da balli e musiche, mentre viene offerta a tutto il paese la cena a base di pecora. La terza domenica dopo Pasqua, invece, si celebrano i santi Giorgio, Raffaele ed Isidoro, con grande partecipazione dei fedeli: i festeggiamenti durano quattro giorni culminando con l’ardia, l’antica corsa dei cavalli che si svolge lungo il corso del paese e che vede come protagonisti i più esperti cavalieri del luogo. Nel mese di settembre si festeggia Nostra Signora di Corte, il cui rito principale è la processione con il simulacro della Vergine, sistemato su un carro a buoi decorato con nastri e fiori, dall’abbazia fino al paese, accompagnato da giovani a cavallo, gruppi in abito tradizionale e da una grande folla di fedeli. Il 17 ottobre si celebra la festa di San Demetrio, caratterizzata da un grande falò e momenti di grande socialità e convivialità come la cena preparata il giorno della vigilia e denominata “s’izzhadolzu”.
Durante il periodo primaverile ed estivo Sindia rivive attraverso numerose sagre e feste, come su fogulone de Santu Juanne, il 24 giugno, quando in ogni rione si allestisce un falò e si prepara da mangiare per tutti, e “la sagra della pecora”. Nel periodo invernale si svolge invece la “sagra della Suppavalza”, pane bollito con salsiccia, cipolle e lardo di maiale. Queste occasioni, insieme ai percorsi storici, archeologici ed enogastronomici permettono di far conoscere ai visitatori la storia e le tradizioni del territorio di Sindia, molto ricco anche dal punto di vista paesaggistico e naturalistico.
La forte vocazione alla pastorizia e all'agricoltura ha da sempre caratterizzato l'economia del paese, e l’impegno dei pastori nell'arte casearia è rimasto immutato nel tempo e si tramanda di padre in figlio attraverso la realizzazione di prodotti di qualità come Su Casizzolu de Sindia, ricco di fermenti lattici, Sa Fresa, un formaggio dolce, o il pecorino stagionato. Degna di nota, è la produzione di miele e si narra che i monaci cistercensi abbiano trasmesso l’antico sapere della coltura delle api agli abitanti di Sindia, tanto che ogni famiglia nel cortile della propria casa, oltre agli animali domestici, sistemava le arnie in sughero, dette Su Casiddu, per la produzione del miele.
Infine, particolarmente ricca e variegata è la produzione di dolci che accompagnano le feste: le ciambelle per il Carnevale, le pardule e papassini per la Pasqua e i dolci di mandorle che ricoprono tutto il ciclo dell’anno. Fra i piatti tipici troviamo gli arrosti a base di carne, la cordula, ma anche tanti tipi di pane, da quelli di uso quotidiano come su zichi e su zichi ladu, a quello confezionato con il lardo di maiale, sas covazzas cun berdas, ai pani rituali come su coccoi ‘e moltu, realizzato per Ognissanti.
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