Autunno in Barbagia 2023

A pochi chilometri da Nuoro sorge il piccolo ed affascinante borgo di Lollove dove il visitatore è immerso in un’epoca senza tempo, sospeso in un passato romantico che resiste al trascorrere dei secoli.

Le prime notizie dell’abitato risalgono al Medioevo: nel XIII secolo apparteneva al Giudicato di Gallura ed era incluso nella diocesi di Galtellì, mentre Nuoro faceva parte di quella di Ottana.

Durante il secolo successivo con la conquista aragonese anche il piccolo centro barbaricino fu annoverato fra i possedimenti concessi a Giovanni d’Arborea, fratello del giudice Mariano IV, passato dalla parte del nemico iberico.

Quando Mariano portò la sua controffensiva conquistando quasi tutta la Sardegna e imprigionando il fratello traditore, Lollove non fece eccezione e seguì le sorti del Giudicato d’Arborea. La guerra con i catalano-aragonesi proseguì per diversi anni e si concluse nel XV secolo con la sconfitta dei re sardi e la sottomissione dell’Isola al regime feudale. Negli anni ’70 del ’400 il villaggio faceva parte del marchesato di Oristano retto da Leonardo Alagon che tentò di sollevare nuovamente i sardi contro gli stranieri. Nel 1478, con la sconfitta del marchese, tutti i suoi possedimenti territoriali furono confiscati e concessi ai suoi avversari. Da allora anche il paese passò a diversi casati fino al riscatto del feudo nel 1838.

Nella seconda metà del XIX secolo il centro divenne frazione di Nuoro. Una terribile epidemia di vaiolo nel 1860, a cui seguì una drammatica carestia, provocò un rapido spopolamentoL’isolamento che ha portato al progressivo abbandono dei suoi abitanti (vi risiedono oggi solo poche famiglie) ha però permesso che Lollove conservasse perfettamente la tipica struttura urbanistica dei borghi storici. Il suo fascino ha incantato diversi artisti e scrittori tra cui il premio Nobel Grazia Deledda che qui ambientò il suo romanzo La madre del 1920.

Il borgo di Lollove è racchiuso in una deliziosa conca bagnata da alcuni ruscelli e circondata da verdeggianti colline. Il villaggio si svela al visitatore dopo alcuni chilometri percorsi su una stretta stradina secondaria che ha inizio subito dopo il bivio per Orune dalla strada statale 131.

Tra le vie del centro antichi ruderi pieni di fascino sono ricoperti da una vegetazione incolta che lascia intravedere i vecchi cortili intorno alle case recintati dai muretti a secco. Qui venivano curati i piccoli orti accanto ai quali è ancora possibile trovare alcuni alberi da frutto.

I pochi abitanti che ancora popolano il paesello si dedicano all’agricoltura e, prevalentemente, all’allevamento: non distanti dalle case si possono incontrare pecore, asini, cavalli, maiali e galline.

Circa 500 metri a sud ovest, percorrendo la stradina sterrata che fino allo scorso secolo rappresentava l’unica via di collegamento con Nuoro (distante 15 km), si trova la storica fonte naturale di Lollove intorno a cui sono disposte alcune panchine in pietra. Proseguendo lungo il sentiero è possibile ammirare il panorama sulle colline che a est digradano verso la valle di Marreri su cui scorre il fiume omonimo che più a est prende il nome di Isalle. Nella piana oliveti e vigne si alternano a distese di campi coltivati limitati a sud est dalla regione di Santu Tederu, dove sorgeva l’antica chiesa intitolata a San Teodoro, ai piedi delle colline granitiche ricoperte dalla lussureggiante foresta di Jacu Piu.

Fitti alberi di leccio lasciano spazio a pochi elementi del sottobosco come il pungitopo, la rubia e il viburno mentre nelle zone più rade che permettono una maggiore penetrazione dei raggi del sole si incontrano l’erica, il ginepro, il corbezzolo e il lentisco.

Nell’area sono presenti diverse specie animali: cinghiali, gatti selvatici, lepri, conigli, donnole, numerosi uccelli (ghiandaia, fringuello, civetta, barbagianni) tra cui i grandi rapaci come l’aquila e lo sparviero.

Il paesaggio è caratterizzato da spettacolari formazioni rocciose: torrioni, pinnacoli ma anche conche e tafoni scolpiti su enormi massi.

Grandi monoliti di granito chiamati nodos si incontrano anche sull’altopiano a ovest dell’abitato dove, a circa 3 km in linea d’aria, si può visitare l’insediamento nuragico di Costiolu immerso in una natura incontaminata tra stupendi alberi secolari.

Lollove as a esser chei s’abba ’e su mare: no as a crèschere ne apparèschere mai! Con queste parole fu lanciata la maledizione sul borgo da allora incantato e avvolto in una suggestiva atmosfera dove regna un silenzio quasi irreale.

La  leggenda narra che alcune monache dell’antico monastero, forse francescane penitenti, vennero accusate di aver avuto rapporti carnali con i pastori del luogo e furono costrette a lasciare il villaggio. Allontanandosi pronunciarono la terribile condanna: Lollove sarai come l’acqua del mare, non crescerai né mostrerai (di crescere) mai!’ .

La storia sembra essere divenuta realtà per il piccolo centro che ha resistito alla scomparsa grazie alla tenacia dei pochi abitanti che ancora oggi tramandano le antiche storie e i costumi locali.

L’eccezionale stato di conservazione delle architetture tradizionali ha reso il paesello celebre in tutta l’Isola. Nascosto da una vegetazione lussureggiante, l’abitato è composto da deliziose case in granito a uno o due piani, circondate da una piccola porzione di terreno, racchiuso dai  tipici muretti a secco alti oltre il metro e mezzo, entro cui si affacciano le finestre e dove un tempo si coltivava l’orticello e vi pascolava qualche animale da allevamento (maiale, galline ecc.). Questa disposizione degli spazi garantiva la riservatezza e rendeva ogni stabile autosufficiente per le necessità della famiglia.

Un alone di mistero e poesia aleggia sui ruderi che evocano racconti di una vita passata. Le abitazioni sono coperte da tetti a doppio spiovente ricoperti da tegole d’argilla mentre le mura sono realizzate con cantoni di granito in alcuni casi con intonaco di malta. Tutti gli alloggi sono dotati del camino al piano terra mentre alcuni conservano anche un forno per la cottura del pane con apertura nella cucina e corpo esterno. Le finestre, abbellite dai vasi di fiori, e le porte degli edifici più antichi conservano il caratteristico architrave su cui poggiano due blocchi di pietra disposti in modo da formare una V rovesciata.

Percorrendo gli stretti e tortuosi vicoli ricoperti dal caratteristico impredau, lastricato di pietra locale, si giunge alla graziosa chiesa di Santa Maria Maddalena costruita tra la fine del XVI e i primi anni del XVII secolo in stile tardo gotico. Il bel rosone sulla facciata, i portali e gli archi a sesto acuto che dividono le navate sono realizzati in trachite rosa. All’interno sono conservate due splendide statue datate al 1601. Il monumento si presenta in una posizione sopraelevata rispetto alle casette in granito che rende ancora più suggestivo il panorama sulla borgata.

Nei dintorni si possono visitare diversi siti archeologici di notevole interesse come l’insediamento nuragico di Costiolu, a circa 3 km in linea d’aria sull’altipiano a est, in cui sono presenti un nuraghe con il relativo villaggio e alcune sepolture dell’epoca.