Autunno in Barbagia 2023

Conosciuto per secoli come Orani mannu (‘grande’) per la sua dimensione ed importanza, il paese fu tra i centri abitati più estesi della Sardegna centro-settentrionale fino al Settecento.

Le origini dell’abitato risalgono all’epoca preistorica come documentano i rinvenimenti archeologici nei diversi rioni storici. Tutto il territorio fu frequentato sin dal Neolitico per la presenza delle miniere di steatite da cui si producevano le straordinarie statuette delle dee madri, antiche divinità dei protosardi.

Numerosissime sono le testimonianze archeologiche dal Neolitico recente all’epoca nuragica: domus de janas, dolmen, nuraghi, villaggi, tombe dei giganti e santuari nuragici (tra cui l’importante complesso di Nurdole). Non mancano le frequentazioni in età romana a cui risale lo stabilimento termale di Oddini e la stazione militare di Leisone.

Nel XII secolo il nome della villa de Orane compare diverse volte nei condaghes, registri delle chiese. A quegli anni risale la storia della costruzione della chiesa dedicata alla Madonna nello scenografico Monte Gonare, così chiamato dal nome del giudice di Torres che, secondo il racconto popolare, la eresse come ex voto dopo essere scampato ad un naufragio di ritorno dalla Seconda Crociata.

Sos contos de fochile, i racconti del focolare, narrano della musca machedda (‘mosca pazzerella’) che causò la rovina di molti villaggi medievali e il trasferimento dei loro abitanti nel centro. Furono sicuramente le gravi carestie e le pestilenze che dilagarono in Europa tra il XIV e il XV secolo a provocare lo spopolamento del circondario e la crescita di Orani.

Durante il Medioevo la villa assunse sempre più rilevanza: fu uno dei centri principali della curatoria di Dore (all’interno del Giudicato di Torres). Dopo la scomparsa del giudicato logudorese , nel periodo della guerra contro il regno d’Aragona (XIV secolo) fu annessa da Mariano IV e partecipò all’epopea del Giudicato d’Arborea per poi passare sotto il controllo straniero con la fine del conflitto (XV secolo).

Nel 1478, dopo la sconfitta di Leonardo Alagon che aveva tentato di sollevare nuovamente i sardi contro gli invasori, il territorio fu concesso in feudo ai Carroz ed entrò a far parte del Ducato di Mandas. Iniziarono quindi i secoli di oppressione delle signorie feudali durante i quali si succedettero diverse famiglie nobiliari; l’ultima fu quella dei De Silva che nel 1617 ottenne il diploma regio con cui si costituiva il Marchesato di Orani. Il villaggio divenne sede del regidor, ossia il governatore delle curatorie, e del tribunale. L’imposizione di tributi sempre più pesanti provocò numerose rivolte e ribellioni fino all’abolizione del feudalesimo nel 1839.

Una grande trasformazione nell’economia del centro si ebbe agli inizi del Novecento con lo sfruttamento delle risorse minerarie della regione. Dalle miniere di San Francesco, Sa Matta e San Paolo si estraevano importanti quantità di talco, tra le più grandi produzioni d'Europa. Le dure condizioni lavorative dei minatori portarono, dopo la Seconda Guerra Mondiale, alle rivendicazioni sindacali degli anni Cinquanta.

Altra importante risorsa per il paese è l’artigianato del legno e del ferro battuto ancora oggi fiore all’occhiello tra le tante produzioni tradizionali molto apprezzate dai sardi e dai turisti.

Rigogliosi boschi, fertili colline e ricchi giacimenti di preziosi minerali fanno da cornice al paese di Orani, posizionato in una deliziosa conca tra il verde rilievo di Sa Costa e le propaggini nord occidentali del Monte Gonare.

Le eccezionali risorse del suo territorio hanno inciso fortemente sulla storia e lo sviluppo del centro, frequentato fin dall’epoca preistorica. Risalgono infatti al Neolitico le affascinanti statuine delle dee madri realizzate con la steatite estratta dalle vicine miniere, oggi valorizzate e incluse nel Parco Geominerario della Sardegna. Dai siti minerari di San Francesco e Sa Matta si estraevano fino allo scorso secolo grandissime quantità di talco, chiamato sa preda modde o oro bianco, che rese Orani uno dei più importanti giacimenti europei.

Il paesaggio è prevalentemente collinare e montuoso caratterizzato dalla presenza di un’enorme ricchezza di minerali e varietà di rocce: granito, dolomie, calcare, tufo, scisto, trachite ecc. Questa zona infatti fa parte delle terre emerse più antiche dell’Isola dove si incontrano cinque terreni metamorfici. Ad impreziosire tutta l’area si aggiungono le tante sorgenti di acqua fresca, oltre alle fonti termali di Sos Banzos e Sos Banzicheddos e la fonte carsica di Sa Varva.

Bellissimi boschi di querce e macchia mediterranea circondano l’abitato custodito dalle alture circostanti dove si possono incontrare le  graziose chiese campestri di San Francesco, sul monte omonimo a sud-est, e San Paolo, sul rilievo roccioso a ovest, da cui si godono  spettacolari panorami.

Verso sud-est al confine con le terre comunali di Sarule, si stagliano sul paesaggio le tre caratteristiche cime a forma di cono del Monte Gonare (1.083 m), Gonareddu (1.045 m) e Punta Lotzori (976 m) regalando uno scenario di grande suggestione. Le ripide pareti del versante meridionale si trasformano in dolci declini a ovest verso l’altura di San Francesco; le ricoprono boschi di lecci, roverelle, querce, acero minore e agrifoglio tra cui si incontrano piante medicinali, aromatiche e diversi endemismi. Vi abitano cinghiali, donnole, volpi, martore, conigli, lepri, gatti selvatici e molte varietà di uccelli. Per le sue specificità ambientali il Monte Gonare ha ottenuto il riconoscimento europeo di SIC, sito di interesse comunitario.

Sulla cima si trova l’antico santuario di Nostra Signora di Gonare, molto venerata nel circondario, che secondo la tradizione sarebbe stata eretta come ex voto dal Giudice di Torres Gonario II. Il re sardo di ritorno dalla Seconda Crociata, temendo di naufragare a causa di una grande tempesta, promise alla Madonna che se fosse sopravvissuto le avrebbe eretto un tempio laddove il suo sguardo avesse incrociato terra. Pare quindi che il sovrano avvistò il monte che da lui prese il nome. Ogni anno centinaia di fedeli e visitatori si riuniscono nelle vicine cumbessias (case che accolgono i pellegrini) in occasione delle diverse manifestazioni e feste tra cui la più partecipata è quella dell’8 settembre gestita ad anni alterni dai comuni di Sarule e Orani.

Dai numerosi punti panoramici lo sguardo raggiunge i profili delle coste e delle vette più scenografiche dell’Isola.

Patria d’artisti, intellettuali e abili artigiani, Orani ha dato i natali a due grandi maestri dell’arte sarda: Costantino Nivola e Mario Delitala.

Allo scultore di fama mondiale è stato dedicato il Museo Nivola. Le sue opere sono ospitate nella suggestiva struttura del vecchio lavatoio comunale situato nella collina di Su Cantaru circondato da affascinanti spazi esterni in cui sono collocate alcune opere monumentali tra cui le notissime madri che rimandano alle divinità ancestrali mediterranee. Un’interessante collezione di xilografie, acqueforti, litografie e dipinti ad olio dell’artista Mario Delitala è allestita nell’ex convento francescano al centro del paese.

Gli oranesi sono noti per la maestria dei loro artigiani che tramandano e innovano gli antichi mestieri. Tra coloro che hanno dato lustro al paese vi è anche il sarto Paolo Modolo molto apprezzato per le sue creazioni in velluto con richiami all’abbigliamento tradizionale declinato in forme originali e contemporanee. Le diverse botteghe e laboratori del ferro battuto, dell’intaglio ligneo e della ceramica sono sparse tra i caratteristici viottoli dove si incontrano le piccole case in granito e pietra locale ma anche diversi palazzetti dei primi del Novecento.

Oltre alle già citate collezioni d’arte il centro storico custodisce preziosi e importanti esemplari di architettura sacra. Osservando l’abitato da uno dei tanti punti panoramici che lo circondano si distinguono i piccoli tetti con vecchie tegole delle zone più antiche da quelli dei grandi edifici e delle costruzioni moderne; su tutti spiccano gli otto campanili delle chiese superstiti di cui ancora nel XIX secolo se ne contavano circa 20 (tra quelle cittadine e campestri).

Un immaginario percorso che attraversa tutte le chiese del centro conduce lungo la storia della comunità esplorando i diversi stili e metodi costruttivi. In un avvallamento all’ingresso del paese si trovano i resti dell’affascinante chiesa di Sant'Andrea Apostolo eretta tra la fine del XVI e gli inizi del XVII secolo. Viene chiamata Campusantu Vezzu o Torre Aragonese riferendosi alla struttura meglio conservata del campanile in pietra vulcanica, ornato da cornici e dalla bellissima guglia con gattoni tipica dello stile gotico. La chiesa fu abbandonata sin dall'inizio dell'Ottocento; al suo posto fu realizzata la nuova parrocchiale in stile neoclassico sempre dedicata al Santo: i lavori iniziarono nel 1867 e si conclusero nel 1930.

L’incantevole prospetto della seicentesca Chiesa del Rosario, sede dell’omonima confraternita, è caratterizzato da elementi in vulcanite: un piccolo rosone e un portale di stile cinquecentesco sormontati da una sottile cornice su cui poggiano quattro merli, al centro dei quali si trova un campanile a vela. Affacciato su una grande piazza, nel luogo in cui sorgeva l’antica chiesa di San Sisto, si trova il santuario settecentesco di San Giovanni Battista, accanto al quale si trova l’ex convento francescano che attualmente ospita la pinacoteca e gli uffici comunali.

La graziosa Chiesa di Nostra Signora d’Itria, edificata nella prima metà del XVII secolo, deve la sua notorietà alla decorazione a graffiti della facciatarealizzata nel 1986 dal grande artista oranese Costantino Nivola.

Tutto il territorio conserva importanti testimonianze del passato: dalle antiche miniere, oggi integrate negli itinerari del  Parco Geominerario della Sardegna , si estraeva la steatite con cui si realizzavano bellissimi monili e le  straordinarie dee madri del Neolitico sardo .

Al periodo preistorico risalgono i più importanti siti archeologici della zona: domus de janas, menhir, dolmen. Dell’epoca nuragica rimangono numerosi villaggi e nuraghi tra cui quello di Athethu, che conserva la copertura a tholos ancora intatta e lo spettacolare nuraghe Nurdole: una struttura complessa a quattro torri con, all’interno, una fonte sacra che lo identifica come luogo di culto.